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Diverse organizzazioni dei consumatori in Europa hanno chiamato in causa Google e il suo popolare motore di ricerca per violazione del regolamento GDPR sul trattamento dei dati personali. Sette organizzazioni appartenenti al BEUC, un network europeo a cui fanno riferimento diverse associazioni di consumatori, hanno comunicato la presentazione ufficiale di una denuncia verso Google per violazione della privacy.
Alle suddette organizzazioni, attive in Polonia, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Grecia, Norvegia, Slovenia e Grecia, si affiancheranno anche le relative Autorità per la protezione dei dati personali.
Le motivazioni sono state presentate nel Report del Beuc, elaborato dal membro norvegese (Forbrukerrade), e riguardano direttamente il sistema con cui Google traccia gli utenti, tramite la cronologia delle posizioni, le attività online e quelle legate alle applicazioni scaricate ed utilizzate dagli account Google.
Il tutto, secondo il Beuc, tenendo all’oscuro gli utenti che attivano servizi e funzioni senza conoscere “in maniera informata e consapevole” che cosa accade ai loro dati personali, che spesso sono utilizzati per una miriade di scopi dal motore di ricerca, compreso il mercato della pubblicità mirata/personalizzata.
In poche parole, sotto la lente dei consumatori europei è finita la stessa politica con la quale l’azienda di Mountain View gestisce la localizzazione, senza lasciare una vera scelta all’utente e senza fornire informazioni complete sul servizio.
Sempre secondo l’organizzazione dei consumatori, si tratta inoltre di pratiche non conformi alle indicazioni del GDPR.
Google è stato chiamato in causa, per gli stessi motivi, anche dal gruppo di data protection NOYB a maggio: violazione del GDPR.
Una questione che in realtà non è nuova, perché Google ha già affrontato il problema proprio negli Stati Uniti, dove a settembre il procuratore generale dell’Arizona ha avviato un’indagine a seguito allo studio effettuato dall’Associated Press (AP) proprio relativo all’uso che il sistema operativo Android fa dei dati degli utenti prodotti dai loro spostamenti (in realtà lo studio comprendeva anche il funzionamento dell’iOS di Apple).
Gli utenti poi cambiarono le impostazioni sulla privacy, ma il dispositivo ha continuato a tracciarli e raccogliere dati a loro insaputa. I risultati del lavoro di AP sono stati successivamente confermati dai ricercatori di computer science all’Università di Princeton.
Infatti, l’indagine dell’AP aveva come obiettivo proprio quello di far sapere a tutti che anche se neghi il permesso a Google di usare le informazioni sulla tua posizione, e nonostante si legga sulla pagina di supporto che ciò dovrebbe bastare a difendere la privacy dell’utente, alcune app di Google memorizzano comunque automaticamente e registrano i dati di posizione senza chiedere alcunché.
La replica di Google, come riportato da SkyTG24, non si è fatta attendere: “la Cronologia delle Posizioni è disattivata per impostazione predefinita e può essere modificata, cancellata o messa in pausa in ogni momento. Se è attiva, aiuta a migliorare servizi come la previsione del traffico durante gli spostamenti. Se è in pausa, è bene chiarire che – in base alle impostazioni di ciascun telefono e delle app – potremmo ancora raccogliere e usare i dati sulla localizzazione per migliorare l’esperienza con Google. Diamo la possibilità di controllare i dati sulla localizzazione anche in altri modi, tra cui uno strumento di controllo Google chiamato Attività Web & App, e direttamente su ciascun dispositivo”.
Fonte: Privacy.it